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di Marco Travaglini

Gianni Alasia, comandante partigiano, amministratore pubblico e prestigioso ex dirigente sindacale torinese morto a ottantotto anni tre estati fa, tra le sue tante pubblicazioni aveva particolarmente a cuore un libro, “Nelle verdi vallate dei tassi: la libertà”, in cui raccontò la Resistenza attraverso le gesta degli animali che diedero vita alla “banda della Spinoncia”. Una “banda” partigiana che, muovendosi tra la valle dell’Erno e il monte San Salvatore ( che domina l’abitato di Massino Visconti), rende ancora più dolce e, paradossalmente, più umana la vicenda storica che si dipana tra la fine dell’estate del 1943 e la primavera del 1945. L’ambiente è quello del Vergante, zona collinosa di “mezza costa” tra il lago Maggiore e il Mottarone, dalle cui pendici nasce il torrente Erno che, dopo aver inciso una profonda e verdissima valle, sfocia nelle acque del Verbano a Solcio di Lesa. I boschi circostanti ...continua a leggere "LE VALLI DEL VERGANTE E I TASSI DI GIANNI ALASIA"

Quando la Svizzera offrì rifugio a migliaia di bambini ossolani nel 1944

di Marco Travaglini

«Nel '44 abitavamo alla Mizzoccola, un mio fratello era in guerra, mia mamma che era rimasta vedova quando non avevo ancora un anno doveva badare alle due sorelle più grandi, a me che avevo 10 anni, a mia sorellina… Al collegio Rosmini ci hanno messo il cartellino poi in treno a Briga. Sul treno le crocerossine mi hanno dato qualcosa da mangiare, pane e latte, e per paura di restare senza si cercava di nascondere il pane in tasca. A Briga ci hanno divisi, mio cugino è andato nel Ticino, io e mia sorella a Zurigo dove siamo stati 40 giorni… Siamo arrivati davanti ad una panetteria dove c'era esposto il pane bianco che non avevamo mai visto e dei dolci, siamo stati incollati col naso ai vetri davanti a quel negozio, il padrone dentro ha capito e ci ha fatto entrare. Ci ha dato pane, pezzi di dolce: abbiamo mangiato tanto che poi siamo stati male…». Questo brano è tratto da una delle 45 testimonianze che il giornalista e storico, nonché partigiano Paolo Bologna raccolse nel suo libro "Il paese del pane bianco", che venne pubblicato dall’editore Grossi di Domodossola ...continua a leggere "IL «PAESE DEL PANE BIANCO»"

 

Elia Rosati, CasaPound Italia. Fascisti del Terzo millennio, Mimesis edizioni, 2018, pp. 236, 18 euro

Di libri come l’ultimo di Elia Rosati su CasaPound ce ne vorrebbero molti. Sia ben chiaro: insieme a una più robusta e incisiva iniziativa antifascista. Il “fenomeno” CasaPound “esplose” nel nostro territorio nel 2008 in Ossola. In una notte di luglio di dieci anni fa, la città di Domodossola fu disseminata di manichini bianchi di impiccati che portavano al collo il cartello «L’affitto è usura!!! Per il diritto alla proprietà della casa: mutuo sociale subito». Fu Giovanni Battista Ceniti a rivendicare per CasaPound l’azione, affermando soddisfatto: «La nostra finalità era quella di creare panico mediatico e sembra che ci siamo riusciti». Ceniti diventerà famoso sei anni dopo per un’altra azione da “paura”: la partecipazione all’omicidio di Silvio Fanella, il cassiere del faccendiere Gennaro Mokbel, avvenuta il 3 luglio alla Camilluccia di Roma.
I fascisti del terzo millennio si erano insediati su di un terreno favorevole: la narrazione dell’Uopa, l’Unione ossolana per l’autonomia nata nel 1977, dove Umberto Bossi iniziò il suo apprendistato pre-leghista; la devastazione economica, che aveva ridotto le valli ossolane e il Verbano a serbatoio di manodopera per la confinante Svizzera; l’incapacità della sinistra vecchia e nuova di affrontare questi ...continua a leggere "BRODO DI TARTARUGA"

Il tema della Shoah in una commedia in cui convivono la comicità, il dramma e la malinconia dell’umorismo yiddish

«C’era una volta un piccolo “shtetl”, un piccolo villaggio ebraico dell’Europa dell’est, era l’anno 5701, cioè 1941 secondo il nuovo calendario. Era d’estate, l’estate del 1941, il mese di luglio, credo… Io fuggivo credendo che si potesse fuggire, da ciò che si è già visto, troppo visto. Correvo per avvertirli. I miei, il mio “shtetl”, il mio villaggio. E questa è la storia, del mio villaggio così come tutti noi l’abbiamo vissuta». Così Schlomo, il folle, fa ritorno al proprio villaggio con la notizia dell’imminente arrivo dei tedeschi. È l’inizio di “Train de vie”, il bel film di Radu Mihaileanu del 1998. Pellicola geniale e surreale, divertente e amara: il regista rumeno, naturalizzato francese, riuscì vent'anni fa nella difficile impresa di presentare con grande delicatezza la più grande tragedia della storia, che si percepisce sempre incombente nonostante l’irresistibile ironia dei personaggi e delle situazioni. Una commedia in cui convivono comicità, dramma e malinconia, uniti all’originalità narrativa del regista, capace di affrontare il tema della Shoah in chiave del tutto inedita. Schlomo, di fronte al rabbino, non riesce a esprimere in parole l’orrore che ha visto al di là dei monti, in un altro villaggio. Può solo rappresentarlo con dei gesti concitati, assurdi, parossistici. Il Consiglio dei Saggi si riunisce e decide di organizzare un falso treno di deportati per sfuggire ai nazisti. Così, comprato pezzo per pezzo un convoglio
...continua a leggere "TRAIN DE VIE, UN TRENO PER VIVERE"

Fu lì che si concluse l’ultima resistenza di quello che Karl Marx definì “il primo governo operaio della storia”

Belleville, storico quartiere nel XX° arrondissement parigino, uno dei più popolari della “Ville Lumière”, s’innalza come Montmartre su uno dei colli più alti della città, sviluppandosi tra case e piccole vie tra il parco delle Buttes-Chaumont e il grande “cimetière de l’Est”, il Père-Lachaise. È lì, sul finire del 1915, che vide la luce – al 72 di Rue Belleville – la donna che incarnò una delle leggende e dei miti del filone realista della canzone francese. Si chiamava Édith Giovanna Gassion. Piccola, minuta come un “passero” (venivano chiamati così i bambini che vivevano nelle strade del quartiere), passò l’infanzia accompagnando con la sua voce le esibizioni del padre contorsionista per poi diventare la celebre Édith Piaf, l’usignolo di Francia.In rue de Belleville una targa ricorda la casa dove “nacque il 19 dicembre 1915 nella più grande miseria Edit Piaf, la cui voce, più tardi, sconvolgerà il mondo”.
Ma la collina di Belleville è conosciuta anche come quella dei martiri della Comune, delle barricate e delle strade che conservano tracce e memorie di lotte e ...continua a leggere "BELLEVILLE, DAGLI ULTIMI GIORNI DELLA COMUNE DI PARIGI A ÉDITH PIAF"

Il più suggestivo cimitero letterario, dove riposano grandi scrittori, poeti e artisti, è senz’altro il Père-Lachaise di Parigi. Nel grande cimetière de l’Est sulla collina che sormonta la rive droite e il Boulevard de Ménilmontant, nel ventesimo arrondissement parigino, l’atmosfera è unica, sospesa tra romanticismo e storia nei suoi 44 ettari e tra le circa 70 mila tombe all’ombra degli alberi.
Il suo nome si deve al gesuita François d’Aix de La Chaise (detto Père La Chaise), confessore di Luigi XIV e proprietario dei terreni sui quali, durante il periodo napoleonico,venne edificato il cimitero più grande di Parigi. Nel giugno del 1804 , infatti, Napoleone emanò l’editto di Saint Cloud (Décret Impérial sur les Sépultures) prevedendo che le tombe fossero collocate fuori dalle mura delle città per motivi ...continua a leggere "IL PÈRE-LACHAISE, TRA LE TOMBE DI POETI E PENSATORI"

“Questa è Radio Caroline sul 199, la vostra stazione musicale 24 ore su 24”. Con questo messaggio pre-registrato, lanciato da una vecchia nave passeggeri danese, la MV Caroline , al largo delle coste dell’Essex, a sudest dell’Inghilterra, venne annunciato l’inizio delle trasmissioni della prima “radio libera” ( “pirata”, si diceva al tempo) del mondo, di gran lunga certamente la più famosa. Era il 28 marzo 1964, quasi all’ora di pranzo. I due “ragazzi terribili” alla consolle, Chris Moore e Simon Dee, sapevano bene che in acque internazionali le leggi inglesi non valevano e che la musica poteva librarsi nell’etere senza ostacoli.
La prima canzone che venne mandata in onda fu NotFadeAway dei RollingStones. A quel tempo, in Gran Bretagna, suonavano, tra gli altri, i Beatles, i Moody Blues, gli Who, i RollingStones, gli Yardbirds di Eric Clapton e i Kinks. Pur in presenza di uno scenario unico e straordinario nella storia della musica pop e rock, le trasmissioni radiofoniche erano dominate dai tre canali radio della BBC, che confinava questi gruppi e le loro canzoni nello spazio angusto e risicato di pochissime ore la ...continua a leggere "L’AVVENTURA CONTROCORRENTE DI RADIO CAROLINE, LA PIÙ FAMOSA RADIO PIRATA DEL MONDO"

Tom Joad è il protagonista del romanzo più famoso di John Steinbeck, “The Grapes of Wrath”, uscito negli Stati Uniti nel 1939 e conosciuto in Italia con il titolo Furore. Un bel libro senza età dal quale John Ford trasse uno storico film (con Henry Fonda nel ruolo di Tom Joad). Woody Guthrie scrisse una grande ballata su Tom Joad quasi dieci anni prima che Bruce Springsteen venisse al mondo. La storia narrata da John Steinbeck racconta l´epopea della biblica trasmigrazione della famiglia Joad, assieme ad altre centinaia di poveri, dall´Oklahoma attraverso il Texas, il New Mexico e l´Arizona, lungo le famosa Route 66 ( che conoscerà altre storie letterarie, ...continua a leggere "IL FANTASMA DI TOM JOAD, TRA JOHN STEINBECK E BRUCE SPRINGSTEEN"

Nel cimitero di Père-Lachaise, il grande cimetière de l’Est sulla collina che sormonta la rive droite e il Boulevard de Ménilmontant, nel ventesimo arrondissement di Parigi, è sepolta, tra i tanti illustri defunti, Gerda Taro. La sua tomba è nella 97a divisione, non lontana da quella di Edith Piaf e dal “muro dei Federati“, un luogo-simbolo dove, il 28 maggio del 1871, furono fucilati dalle truppe di Thiers gli ultimi 147 comunardi sopravvissuti alla “semaine sanglante”, la settimana di sangue che pose fine al sogno ribelle del governo rivoluzionario della Comune di Parigi. Questo ...continua a leggere "GERDA TARO. LA VITA RIBELLE E BREVE DI UNA FOTOREPORTER"

di Marco Travaglini

È passato poco più di un anno da quando Dario Fo , il “grande giullare”, ci ha lasciati ed è bello pensare che sia tornato, almeno in spirito, sul lago Maggiore, in quel “paese dei mezaràt“, a cui ha dedicato l’omonimo, bellissimo libro in cui ha raccolto le sue memorie d’indocile ragazzino. In quelle pagine Dario Fo racconta i luoghi, gli eventi e i personaggi leggendari che hanno segnato la sua infanzia ( e non solo).
Prendendo le mosse dai luoghi natii ( Sangiano, in provincia di Varese) e da quelli dove trascorse l’infanzia, Dario Fo restituisce ai lettori le imprese del padre ferroviere, le visite in Lomellina al nonno Bristìn, l’apprendistato all’Accademia di Brera di Milano, gli stratagemmi per campare, il dramma della guerra, per finire — con un notevole salto temporale in avanti — ai funerali di “Pà Fo”, figura centrale di questo romanzo di formazione. Il titolo rimanda al dialetto in uso sulla sponda lombarda del lago Maggiore, dove mezaràt significa mezzo-topo, pipistrello. Il paese ...continua a leggere "Chissà se Dario Fo è tornato nel “paese dei mezarat”…"

Pubblicazione non periodica a cura di ass. culturale Proposta Comunista - Maggiora (NO) - CF e PIVA 91017170035
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