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Il 9 aprile 1927, a Dedham, contea di Norfolk, diventava definitiva la sentenza di morte contro Sacco e Vanzetti. Il 23 agosto 1927, benché innocenti, furono assassinati sulla sedia elettrica nella prigione di stato del Massachusetts a Boston. Nicola lasciava la moglie Rosina, l’adorata figlia Ines e il figlio Dante. Bartolomeo le due sorelle Luigina e Vincenzina. Gli anarchici, gli antifascisti e il PCd’I, nonostante la spessa cappa di piombo calata dallo stato fascista, avevano lanciato l’ultima generosa ma purtroppo vana mobilitazione. In quei giorni infatti, non mancarono le proteste. Si trattò in gran parte di iniziative simboliche che, proprio perché non furono individuati i responsabili, non potevano lasciare traccia nei tribunali e nelle cronache dell’epoca sottoposte al rigido controllo della censura fascista. Fanno eccezione pochi episodi: il rinvenimento il 10 agosto nel palazzo della Borsa di Milano di due bombe, anonime quanto di paternità incerta, e, il giorno seguente, lo sciopero degli operai dei Cantieri di San Marco di Trieste. Poi, il 22 agosto, furono fermati alla stazione di Modena con pacchi di manifestini di protesta tre giovani comunisti. Nei giorni seguenti, i contadini di Genzano scioperarono e si trovano in piazza per protestare contro l’esecuzione di Sacco e Vanzetti: furono caricati a decine sui camion e incarcerati tutti a Roma. Manifestarono alcuni operai di San Benedetto del Tronto, tradotti davanti al tribunale speciale. A Trapani, il 23 settembre 1927, due cittadini furono arrestati per scritte murali e per l’affissione di manifesti che protestavano contro la condanna di Sacco e Vanzetti. Per aver organizzato manifestazioni di protesta contro la condanna di Sacco e Vanzetti furono processati dal tribunale speciale di Roma, l’8 giugno 1928, i leccesi Rocco Spina, Giuseppe Lodedo, Leonardo Chirulli e Giovanni Putignano; il 21 luglio 1928, i torinesi Giulio Cortesi, Marco Gatti, Attilio Amigoni e Alessio Ponzio; il 10 agosto 1928, Delfo Mannini di Siena e Bruno Monterumici di Bologna. Il 28 agosto 1928, comparvero invece davanti ai giudici fascisti Silvio Bertona, contadino e muratore di Fontaneto d’Agogna, e i borgomaneresi Antonio Maioni, fruttivendolo, Bartolomeo Pagani, tornitore, Antonio Tozzini, operaio setaiolo, Gaudenzio Pagani operaio, Bartolomeo Giacometti carrettiere, Giovanni Maioni contadino e Vittorio Tozzini operaio tessile. I giovani, accusati di aver solidarizzato un anno prima con Nick e Bart, scontarono pene comprese tra i cinque e i due anni più quelle accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici, di tre anni di vigilanza speciale della PS, cioè la morte civile, e del pagamento delle onerose spese processuali. Ancora oggi, Nick e Bart, milioni di lavoratori che nel mondo si mobilitarono per la loro salvezza e tutti coloro che per aver esercitato il loro diritto di parola e di manifestare patirono il carcere, i tribunali e le fetide stanze della polizia, tutti attendono giustizia.

Sale il malcontento per il vertiginoso aumento del prezzo dei carburanti. Come sempre, le casse dello stato aggrediscono i beni essenziali per soddisfare la loro insaziabile fame di denaro. Come sempre lo fanno in questo periodo dell’anno. Come sempre, di fronte a questa rapacità, non tutti sono uguali perché colpisce i lavoratori e le cosiddette fasce deboli della popolazione.  Infatti, non solo questi aumenti immiseriscono i già magri bilanci delle famiglie proletarie e peggiorano l’esistenza di quelle in condizione di povertà, ma si configurano come un gigantesco e vigliacco trasferimento di risorse dalle tasche di chi ha poco a quelle di chi continua realizzare ingenti profitti. Infatti, la crescita del prezzo dei carburanti significa un aumento dell’imposizione indiretta il cui peso è inversamente proporzionale al reddito: esattamente il contrario del principio di progressività fiscale contenuto nella costituzione. In poche parole, i redditi delle classi basse pagano molto di più rispetto a quelli medio-alti e alti che, per di più, già godono del conforto di una sistematica evasione fiscale, dell’assenza di controlli, dello sfruttamento del lavoro nero e non mancano di speculare sullo smantellamento dello stato sociale, della sanità, del sistema pensionistico, della scuola e dell’assistenza. Ancora, gli aumenti rappresentano un chiaro ammiccamento a compagnie petrolifere ma anche ad amici, parassiti, pataccari e piccoli speculatori: per voi la prateria è libera, la caccia è aperta, senza regole, e vinca il peggiore. Forse è questo il “merito” di cui si sciacquano la bocca ministri senza lode perché questa è stata la virtù del fascismo: aver ridotto già una volta il Paese in miseria. Esattamente come nel ventennio fascista, questo governo toglie ai poveri per dare ai ricchi. Per il momento, ha messo al posto dei manganelli tutto l’impatto violento di un capitalismo straccione ma non per questo meno ingordo e ripugnante.

Pubblicazione non periodica a cura di ass. culturale Proposta Comunista - Maggiora (NO) - CF e PIVA 91017170035
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