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Con l’incalzare dei venti di guerra, il militarismo rialza la testa. Ne abbiamo quotidiana prova con la propaganda bellica a cui sono asserviti mass media e giornalisti embedded, col ritorno di quelle funeste ideologie nazionaliste e imperialiste che già aprirono le porte ai conflitti mondiali del Novecento, con la rivalutazione del ventennio fascista e del nazismo, col rilancio del culto dei corpi dell’esercito, come quello degli Alpini, la cui partecipazione a fianco dei nazisti all’invasione dell’Ucraina e la cui tragedia di Nikolaevka sono stati santificati da una recente legge dello stato democratico, nato dalla Resistenza. Poteva essere di meno l’aeronautica militare italiana, arma letale contro gli innocenti, gli indifesi, le popolazioni civili, l’arma principe del fascismo, fortemente voluta e creata da Mussolini cento anni fa e posta sotto il suo diretto controllo?

Così volano in un cupo cielo di guerra i festeggiamenti del secolo aviatorio e il loro rimbombo richiama alla memoria i sibili delle bombe su Coventry, sopra Dresda, Amburgo e Berlino, sul quartiere romano di San Lorenzo, sopra Milano, Torino e Genova. Su Hiroshima e Nagasaki: tra 150 e 246 mila vittime. Come se tutto ciò non fosse orrore, vengono rispolverati i primati aeronautici dell’ala littoria, tirando fuori dalla naftalina nomi e divise di gerarchi sepolti nella storia, quasi fossero state entusiasmanti gare sportive, acrobatiche e non le prove generali degli imminenti massacri. Vengono magnificati i progressi tecnologici dell’industria aeronautica italiana come se fossero stati espressione di un presunto “genio” italico e non di precisi interessi politici ed economici. Si rispolverano i miti del volo, quelli di Francesco Baracca, perpetuato dal cavallino rampante della Ferrari, oppure del futurismo e di D’Annunzio. Fortune e sfortune: il primo perse la vita, il “vate” invece ci rimise un occhio. Gli aerei da guerra e i piloti militari italiani ebbero anche altri “primati”. Per esempio, furono i primi, nella guerra italo-turca del 1911, a impiegare l’aviazione in operazioni di guerra. Poi vennero le teorie di Giulio Douhet sull’uso dell’aereo contro la popolazione civile per spargere terrore e confusione, la partecipazione al bombardamento di Guernica, il bombardamento di Barcellona (1.300 morti e duemila feriti), l’impiego del “gas mostarda”, l’iprite, in Etiopia, fino a giungere ai Tornado delle guerre dei Balcani e del Golfo. A cento anni dalla creazione da parte del fascismo dell’aviazione militare, il nostro ricordo va alle innumerevoli vittime incolpevoli di questo secolo insanguinato. Il nostro impegno internazionalista rimane per l’unità dei popoli e dei proletari contro la guerra per un cielo senza bombe e senza confini.

Gianluca Buonanno nel 2015 in Libia

Dopo la recente sconfitta elettorale, aveva intonato la ribeba della riscossa, promettendo di «stringerci per il partito» e di «sfruttare tutte le occasioni valide per far crescere le nostre valli». E non si può certo dire che manchi di fantasia. Infatti, a partire dal prossimo 22 marzo, decollerà il «corso gratuito di autodifesa per persone dai 16 ai 65 anni residenti a Quarona» offerto dal locale sindaco leghista. Basta con le lamentele e inutili manifestazioni: qui ci vogliono robuste pedate e sonori schiaffoni! Però, che siano… «educativi». Così è scritto su di un paginone di giornale. Il sindaco, che ci mette la faccia e vi compare a mezzobusto con tanto di fascia tricolore, avverte che la violenza sarà indirizzata «contro squadristi anarchici» e contro «tutti i totalitarismi, le anarchie e le delinquenze». Pare infatti che i valsesiani non abbiano altri problemi e non ricevano ogni giorno gli schiaffi della disoccupazione, del lavoro nero, dello sfruttamento, della devastazione ambientale, della povertà, né che le famiglie proletarie non ce la facciano più, che il sistema sanitario sia allo sbando e via cantando. La valle sarebbe un paradiso se non ci fossero tutti quegli squadristi! Il che non è del tutto falso. Infatti, cento anni fa, a Quarona operava una delle più sanguinarie squadracce fasciste, il branco dei cosiddetti “lupi della Valsesia”. Quanto agli anarchici, in Valsesia, venivano mandati al confino, come il povero Pietro Calcagno, un fornaio di Fontanetto Po, morto poi a Roma nel 1906. Infine, numerose furono le belve del totalitarismo, i nazisti e i loro servi della Tagliamento e delle brigate nere che, tra il 1943 e il 1945, insanguinarono quelle montagne e la stessa Quarona e che furono cacciati dai garibaldini con mezzi più persuasivi dei ceffoni e dei calci. Insomma, la gagliarda schiera dei rudi sindaci-sceriffo conta una nuova recluta scalpitante per conquistare lo scranno dell’ex deputato Paolo Tiramani. Non è difficile scorgere dietro a tanta volgarità del potere la scuola del fu europarlamentare valsesiano Gianluca Buonanno, solito esibirsi con pistole e fucili mitragliatori e a snocciolare una serie infinita di gag, trovate e sceneggiate destinate, ieri come oggi, a riempire le pance di fan e follower ma anche a mascherarne l’abissale vuoto civile, morale e politico.

Pubblicazione non periodica a cura di ass. culturale Proposta Comunista - Maggiora (NO) - CF e PIVA 91017170035
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