Vai al contenuto

Scoppia la protesta dei cittadini per la discarica concessa dal sindaco di Maggiora.

Su "La Stampa" le lacrime di coccodrillo del primo cittadino.

Qui di seguito riceviamo e pubblichiamo, condividendolo, il comunicato stampa del Comitato Cittadini Maggiora Green.

Buongiorno,

Il Comitato Cittadini Maggiora Green, deriso, insultato e denigrato dalle affermazioni rilasciate ai giornali ed ai social dalla politica locale, sente il dovere di sottolineare che Democrazia significa “governo del popolo” in cui la sovranità è esercitata dai cittadini che ricorrono direttamente o indirettamente a strumenti di consultazione popolare ed in alcuni casi con forma di protesta.

La costituzione italiana garantisce la liberta’ di espressione di ogni singolo cittadino nel rispetto dell’altrui persona.

Una discarica di inerti come la nostra non accoglie solo calcinacci o materiali edili come ci è stato ripetuto in precedenza dal sindaco e dall’amministrazione comunale, bensì 37 tipologie di materiali tra cui fanghi e rifiuti di perforazione di pozzi di acque dolci, scorie di fusione, pietrisco delle massicciate ferroviarie ed altri scarti di ghiaia e pietrisco potenzialmente contenenti fibre di asbesto ecc...

Questa è la vergogna eterna che il paese si porterà dietro per anni ed anni.

Ed ancora una precisazione:

Alcuni striscioni, sono stati strappati e non rimossi… segno della poca democrazia.

Il sindaco poi riferisce della costituzione del “Comitato Cittadini Esausti” e di una lettera al prefetto contro questi striscioni. La lettera è datata 17 giugno e quindi molto prima della comparsa degli striscioni ed inoltre questa lettera di questo comitato o di cittadini esausti non è firmata da alcuna persona. Infine, per dovere di cronaca, si fa presente che la suddetta lettera è stata rispedita dal prefetto al comune per ogni opportuna valutazione e per eventuali profili di competenza del comune stesso.

Comitato Cittadini Maggiora Green

"Viviamo in un’epoca difficile, colma di preoccupazioni, paure e tensioni. Da molto tempo guerre e conflitti, problemi sociali e varie emergenze (non ultime quelle sanitarie) hanno costretto milioni di persone a vivere con il fiato sospeso, a volte rallentando la vita sociale... Oggi che il nostro modello di sviluppo appare infartuato e si parla di crisi di sistema, le persone come Langer sembrano davvero profeti inascoltati. Il problema è che riparare il mondo non è solo una missione culturale e politica; è anche, se non soprattutto, una gigantesca occasione di nuovo lavoro, nuova economia, nuovo e diverso sviluppo. E qui la sfida diventa immensa." Per voi un articolo in cui si parla della figura di Alexander Langer e. Lo trovate QUI.

L'11 giugno 1984 muore a Padova Enrico Berlinguer, segretario del Partito comunista italiano. il manifesto di quel giorno rende omaggio all'uomo e al leader titolando così: “È morto un buon comunista. Mancherà al suo partito, a tutta la sinistra, alla democrazia italiana in crisi”. E l'editoriale di Pintor, è come una affettuosa e commovente lettera d'addio.

Tutto l'articolo - leggibile dopo una veloce registrazione gratuita al sito de Il Manifesto - QUI (segnaliamo anche la possibilità di ascoltare l'articolo, con la bellissima voce di Valentina Carnelutti).

Vogliamo celebrare questa data fondamentale per la nostra storia con alcune poesie dedicate alla Resistenza.

Alle fronde dei salici.
E come potevamo noi cantare/ con il piede straniero sopra il cuore,/ fra i morti abbandonati nelle piazze/ sull'erba dura di ghiaccio, al lamento/ d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero/ della madre che andava incontro al figlio/ crocifisso sul palo del telegrafo?/ Alle fronde dei salici, per voto,/ anche le nostre certe erano appese,/oscillavano lievi al triste vento. [1947, Salvatore Quasimodo]

Per i morti della Resistenza.
Qui vivono per sempre
Gli occhi che furono chiusi alla luce / perché tutti li avessero aperti
Per sempre alla luce.
[Giuseppe Ungaretti]

Tu non sai le colline.
Tu non sai le colline/ dove si è sparso il sangue./ tutti quanti fuggimmo/ tutti gettiamo l'arma e il nome./ una donna ci guardava fuggire. / uno solo di noi/ si fermò a pugno chiuso,/ vide il cielo vuoto,/ chinò il capo e morì/ sotto il muro, tacendo./ ora è un cencio di sangue/ e il suo nome./ una donna/ ci aspetta alle colline.
[Cesare Pavese, 9 novembre 1945]

Non vada mai dimenticato il sacrificio di chi ha donato la libertà ad ognuno di noi. Antifascisti sempre. Per una nuova primavera resistente. Ora e sempre.

La scomparsa di Bruno Segre, decano degli avvocati torinesi e protagonista delle più importanti battaglie per i diritti civili, ha rinnovato i ricordi dei tanti momenti vissuti insieme, le discussioni e i racconti, le sue battute argute, i viaggi nei luoghi della memoria con gli studenti ai quali volle partecipare. Era amatissimo dai ragazzi e rammento il loro stupore e gli occhi sgranati quando, davanti al sacrario della Grande Guerra a Redipuglia e ai resti dei camminamenti e delle trincee spiegò che lui era nato ai primi di settembre del 1918, quando ancora tuonavano i cannoni e, fallita l’offensiva austriaca di giugno, si stava preparando la terza battaglia del Piave, la durissima e decisiva battaglia di Vittorio Veneto.

L’avvocato era un brillante affabulatore, un uomo dall’immensa cultura e dalle mille esperienze che amava intrattenersi e raccontare le esperienze di una vita che coincise con il novecentesco “secolo breve” e la prima parte dei duemila.

Leggi tutto: IL PENSIERO LIBERO DI BRUNO SEGRE

In quelle occasioni si poteva assistere a vere e proprie lezioni di storia, come accadde più volte a Trieste o in Emilia, alla casa museo dei Cervi a Gattatico, al campo di transito di Fossoli (dove venne internato anche Primo Levi) o al museo della deportazione di Carpi. In quella occasione insieme a Bruno partecipò anche Franco Berlanda, grande comandante partigiano e notissimo architetto amico di grandi protagonisti del Novecento come Picasso, Giulio Einaudi e Le Corbusier.

Quando mi chiese di collaborare a L’Incontro ne fui felicissimo e onorato. Le due passioni della sua vita coincisero con le professioni che lo videro per decenni sulla ribalta della vita torinese e italiana: l’avvocatura e il giornalismo. Infatti, oltre ad indossare la toga per settant’anni con memorabili e appassionate arringhe, dopo aver collaborato a numerose e prestigiose testate fondò L’Incontro nel 1949. Un mensile indipendente, con un programma politico culturale “ispirato alla pace, alla difesa dei diritti civili, al laicismo, all’opposizione a razzismo e antisemitismo”. Quattro grandi pagine con un formato su nove colonne e la testata in rosso che, ininterrottamente per settant’anni, diede voce alle idee di quest’uomo straordinario, mai rassegnato  e sempre pronto – con un’invidiabile lucidità e impareggiabile dialettica – a dar battaglia per i suoi ideali libertari e socialisti, per la laicità delle istituzioni e per i diritti umani. Mi diede anche l’ambito tesserino di riconoscimento del giornale che conservo come una reliquia.

In occasione del suo 99° compleanno (ogni anno, fino all’ultimo, erano occasioni speciali per festeggiarlo) venne pubblicato un bel libro: "Libero pensare, una giornata nello studio dell’avvocato Bruno Segre". Un omaggio a cura di Marisa Quirico composto da 18 scatti in bianco e nero del fotografo Renzo Carboni, accompagnati da una prefazione di Davide Manzati e dagli interventi (in rigoroso ordine alfabetico) di Luciano Boccalatte, Nino Boeti, Carlo Greppi, Nico Ivaldi, Maria Mantello, Pietro Polito, Donatella Sasso e Guido Vaglio. Alberto Bolaffi, nella dedica al libro, offrì un sintetico e autentico profilo di Segre: “Caro Bruno, parafrasando Giovannino Guareschi, penso che tu sia uno dei migliori interpreti del suo pensiero quando, da prigioniero in Germania, scrisse che libertà esiste ovunque esiste un cervello libero”.Ultimo allievo di Luigi Einaudi, laureato in legge nel 1940 e discriminato dalle leggi razziali nei confronti degli ebrei, Bruno Segre venne arrestato una prima volta nel dicembre del 1942 per “disfattismo politico” e una seconda nel settembre del 1944 quando venne catturato e rinchiuso nella caserma di via Asti e poi trasferito nelle carceri Le Nuove dalle quali riuscì fortunosamente a fuggire qualche tempo dopo. Un’esperienza alla quale dedicò un libro-memoriale, "Quelli di via Asti", scritto nell’estate del 1946 ma pubblicato solo nel 2013. Partigiano nelle file di Giustizia e Libertà, antifascista tutto di un pezzo e irriducibile paladino delle battaglie per la laicità e i diritti civili, Bruno Segre è stato protagonista delle più importanti vicende lungo un secolo intero. Una su tutte: la difesa, davanti al Tribunale militare di Torino nel 1949 di Pietro Pinna, il primo obiettore di coscienza in Italia.

Bruno Segre è stato tutto questo e molto altro. Le foto di Carboni contenute in quel libro, scattate nello storico studio dell’avvocato al n.11 di via della Consolata, ci regalano un’immagine di quella wunderkammer tra imponenti schedari e tantissimi libri. Era lì, al secondo piano di un antico palazzo del settecento che, entrando nello studio di Segre, il fotografo ebbe l’impressione di “attraversare lo specchio di Alice”. Era un luogo dove si respirava l’aria di una storia che vide protagonista un uomo che, parlando di se stesso e parafrasando il titolo di un suo libro-intervista, poteva affermare a testa alta e senza alcun timore di non essersi mai arreso.

Marco Travaglini

Pubblicazione non periodica a cura di ass. culturale Proposta Comunista - Maggiora (NO) - CF e PIVA 91017170035
Privacy policy

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy