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Si avvicina il Giorno della Memoria e abbiamo pensato di parlarne con un articolo pubblicato su La Porta di Vetro a firma Marco Travaglini che racconta le leggi razziali; esse "rappresentarono di fatto un corpus di provvedimenti legislativi che sancirono, per i cittadini italiani “di razza ebraica”, la progressiva privazione dei più elementari diritti civili."

Pubblichiamo il comunicato stampa diffuso dall'Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba. Lo condividiamo e ci impegneremo affinché questa decisione rimanga tale. Cuba vive!

Il 14 gennaio 2025, il governo degli Stati Uniti ha annunciato la decisione di escludere Cuba dalla vergognosa lista del Dipartimento di Stato dei paesi che presumibilmente sponsorizzano il terrorismo.
Salutiamo questa decisione dell’Amministrazione di Washington come un atto positivo che va a ripristinare nell’alveo della giustizia una situazione che mai avrebbe dovuto verificarsi. Ribadiamo con forza che per storia, moralità ed etica, Cuba è quanto di più lontano ci possa essere dal terrorismo e il solo presupporne un suo coinvolgimento degrada coloro che lo affermano.
Questo sussulto di dignità della inconsistente presidenza Biden, arrivato quasi fuori tempo massimo, rappresenta una buona notizia per l’Isola, che purtroppo dovrà continuare a fare in conti con il ben più lungo assedio del “Blocco” e le misure ad esso collegate che da oltre sei decadi tentano di strangolare l’economia cubana provocando carenze e sofferenze per il popolo cubano.
La crescente protesta internazionale e dei popoli nei vari paesi, la richiesta sostenuta e ferma del governo e del popolo cubano, e con l’appello ampio, enfatico e reiterato di numerosi governi, soprattutto quelli dell’America Latina e dei Caraibi, di cubani residenti all’estero, di organizzazioni politiche, religiose e sociali e di numerose personalità politiche degli Stati Uniti e di altri paesi ha, in qualche modo costretto il Presidente Biden ad escludere Cuba dalla lista dei paesi che presumibilmente sponsorizzano il terrorismo, stilata dal Dipartimento di Stato.
Naturalmente ci auspichiamo che l’ira ideologica che acceca la nuova amministrazione Trump (leggasi Marco Rubio Segretario di Stato) non porti il nuovo presidente degli USA a ripristinare quanto appena rimosso dall’uscente Biden. Ciò sarebbe degradante e coprirebbe di ridicolo le istituzioni statunitensi, una eventualità di cui non hanno assolutamente bisogno visto il loro modo di operare a livello internazionale.
La lotta di denuncia della guerra economica, le azioni di interferenza, la disinformazione e la propaganda negativa sulla vita quotidiana a Cuba continua con rinvigorite energie.
Come Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba continueremo ad esigere il rispetto delle leggi internazionali, della sovranità e autodeterminazione di Cuba e del suo popolo.
Vogliamo ringraziare tutti coloro (oltre 1.700 cittadini) che hanno sottoscritto e sostenuto convintamente l’appello “Firma per rimuovere Cuba dalla Lista degli Stati Sponsor del Terrorismo”. Inoltre, desideriamo manifestare il nostro profondo apprezzamento per tutte e tutti coloro che hanno dato e continuano a dare il loro essenziale contributo nella battaglia quotidiana contro questa enorme ingiustizia nei confronti del popolo cubano.
Né il Blocco né qualsiasi altra misura di questo tipo riusciranno a sconfiggere la sovranità e l’autodeterminazione del popolo cubano. La sua forza e il suo umanesimo testimoniano le conquiste del suo progetto sociale e continuano a essere un punto di riferimento per i popoli che lottano per la giustizia e la pace.
Vogliamo altresì ringraziare, nella maniera meno formale e scontata possibile, tutte le compagne ed i compagni, le amiche e gli amici che ogni si battono contro ogni ingiustizia nel mondo.
Questa vittoria, se pur parziale, è merito anche vostra.

"All'osteria del crocevia", un racconto di Marco Travaglini (da Il Torinese).

All’osteria del Crocevia ci si trovava in compagnia. Soprattutto il sabato sera. Nel locale l’aria era densa come la nebbia di Milano. Solo che non era la fitta bruma che saliva dai Navigli ma il fumo dei sigari toscani e delle “nazionali” senza filtro. Un’aria malsana e spessa, da tagliare con il coltello. Sui tavoli infuriavano discussioni “ a molteplice tema” ( come diceva l’ex agente del dazio, Alfonso Merlone). Sport –  con ciclismo e calcio a far da padroni -, politica, vicende del paese s’intrecciavano in una baraonda dove sfiderei tutti voi a trovare il bandolo della matassa , tant’era intricata. E le partite a carte? Combattutissime, “tirate” allo spasimo tra segni e parole, “liscio e busso” e compiaciute manate sulle spalle tra i soci. Il “campionario umano”, come avrebbe detto il dottor Segù, era di prim’ordine.

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Il più vecchio era il “Babbo”, un toscanaccio tutto nervi che aveva superato gli ottant’anni da un pezzo. Quando lo tiravano fuori dai gangheri urlava “Ti sbuccio!”, minacciando l’interlocutore  con un  coltellino che non serviva nemmeno a far schiudere il gheriglio di una noce dal tanto che era piccino. Tutta scena, ovviamente, perché  non sarebbe  mai stato capace di far male ad una mosca. Nemmeno quella volta che Dante Marelli, gli offri una Golia. L’ometto era golosissimo della liquirizia e quelle caramelline lo facevano impazzire. La scartò al volo e se la infilò in bocca …sputandola, disgustato, un attimo dopo. Nella carta della Golia il perfido Dante aveva avvolto una piccola pallina di cacca di capra. A prima vista sembrava proprio una caramella e la golosità aveva tradito l’anziano che diede fondo, in breve, al suo repertorio di parolacce e bestemmie, giocandosi le residue “chance” di poter accedere – se non proprio al paradiso – quantomeno al purgatorio. Una sera entrò tutto trafelato anche Quintino, con il volto e le mani “sgarbellate“, cioè graffiate.  Aveva lasciato da meno di un’ora l’osteria, salutando tutti, ubriaco da far paura, ed insieme a Berto Grada erano partiti alla volta di Oltrefiume. I due, traditi dal vino e dall’asfalto bagnato, erano finiti con la Vespa giù dritti per la scarpata della ferrovia, infilandosi tra i rovi sul greto del torrente. Berto, più per lo spavento che per la botta, era svenuto. E Quintino, dopo averlo cercato al buio, gridando il suo nome, spaventatosi per il silenzio dell’amico, era tornato all’osteria – barcollando – per chiedere aiuto. Erano una coppia di “originali“. Berto lavorava come muratore e a tempo perso dava una mano ad Alfonso che di mestiere faceva il becchino al cimitero di Baveno, in cima al viale dei Partigiani. Lavorava come una ruspa e capitava spesso che bisognava intimargli “l’alt” mentre scavava una fossa perché, se stava per lui, non era mai abbastanza profonda, con il rischio di rimanere lui stesso sepolto vivo se gli franava addosso l’enorme cumulo di terra. All’osteria lo prendevano in giro perché era tanto buono ma anche un pò tontolone. Mario il Milanese l’aveva preso di mira con i suoi scherzi. Quando Berto comandava un piatto di trippa in umido o di minestra di fagioli, lo faceva distrarre per allungargliela con un mestolo d’acqua tiepida. Il Berto continuava a mangiare finché nel piatto restava solo un brodo insipido e leggero come l’acqua. Per fortuna c’era Maria, cuoca dal cuore d’oro, a difenderlo quando s’esagerava. Brandendo il grosso mestolo che serviva per girare la polenta, minacciava i burloni gridando: “Basta adesso. Il gioco è bello se dura poco. Lasciate stare il Berto, altrimenti vi faccio assaggiare questo bastone sulla gobba e vi assicuro che sono di mano pesante”. Maria metteva d’accordo tutti. Aveva un certo stile, deciso e convincente. Ma, essendo d’animo buono, perdonava tutti. A volte capitava che si venisse accolti per una rapida visita alla cucina esterna dell’osteria. Era quello il suo vero “regno“, ricavato dall’antica stalla. Accedervi era un privilegio. Il pavimento era stato ribassato rispetto al resto della costruzione. Il grande camino veniva utilizzato per l’essiccazione delle castagne ed i ganci appesi al soffitto servivano per asciugare i salami, che dopo la macellazione venivano appesi per una decina di giorni  a “sudare”, sgocciolando il grasso. Nella cucina Maria aveva conservato diversi attrezzi che venivano utilizzati in passato: la cassetta per la conservazione della farina per la polenta o per quella di castagne; le terracotte, i tund, cioè i piatti e il paiolo di rame per la polenta; il querc, il coperchio che veniva  utilizzato per servire le portate , come nel caso delle frittate; il putagé, un fornello a braci dove si poteva fondere il lardo. Attorno al camino, vicino alla soglia in pietra c’erano le molle, il barnasc (la paletta per le braci), il frustino in legno di bosso utilizzato per mescolare la polenta. La semplicità e l’accoglienza di quell’ambiente ci ricordava i tempi della nostra gioventù, la sobrietà dell’alimentazione a base di  polenta, consumata tutti i giorni, e di  minestra, preparata la sera, il cui avanzo costituiva la colazione del mattino dopo. I ricordi erano come una bacchetta magica che faceva tornare d’incanto la serenità ed anche Mario il milanese, a quel punto, prendeva sottobraccio Berto, scusandosi in una maniera che il Grada accettava subito – scusate il gioco di parole –  di buon grado : offrendo pane, formaggio e vino buono.

Pubblicazione non periodica a cura di ass. culturale Proposta Comunista - Maggiora (NO) - CF e PIVA 91017170035
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