Vai al contenuto

IL DISFACIMENTO DEI 339

«La carica dei 163» titolava nel 2013 un pamphlet de “Il fatto Quotidiano” che spiegava «Chi sono e da dove vengono i parlamentari eletti con il Movimento 5 stelle». Cinque anni dopo, il 7° cavalleggeri pentastellato era diventato un’armata a cavallo con ben 339 tra deputati e senatori. «Apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno», gigionava Beppe Grillo a conferma che i comici in politica, a ovest come a est, non fanno ridere per niente. Infatti, la scatoletta doveva contenere qualcosa di marcio e il puzzo deve aver fatto smarrire i sensi a più di un grilletto. Sta di fatto che l’armata, un disertore dopo l’altro, è andata assottigliandosi fino alla “clamorosa” ritirata del ministro degli Esteri Gigino Di Maio e della sua pattuglietta. Ora, sappiamo chi sono, da dove vengono e anche dove sono andati i parlamentari eletti con il movimento Cinque stelle. Non è un dramma, è una farsa. Come in ogni buffonata che si rispetti, le parti si sono invertite e i nemici giurati dei Cinque stelle sono oggi i supporter entusiasti di quel Gigino che ieri ricoprivano di volgari insulti. Non è un tradimento: chi e che cosa avrebbe mai tradito un movimento che è nato, cresciuto e si è sbandato nella più grossolana confusione politica e ideologica? È un esercizio inutile, e umiliante, elencare gli astronomici dietrofront su questioni come la NATO, il PD, la Lega, la moneta unica, l’Unione europea, il vincolo di mandato, la rappresentanza e la partecipazione democratica e altri trasformismi. Altro che “antipolitica”, qui siamo all’avanpolitica, un avanspettacolo fine a se stesso, a cui non seguirà mai una recita degna di questo nome. Non è nemmeno la fine del grillismo di cui va cianciando il circo mediatico. La caduta di Bossi non ha segnato affatto la scomparsa della Lega come il crollo del governo Berlusconi quella del berlusconismo. Sono tutti stracci ideologici sciorinati alla meglio volta per volta per coprire vuoti politici, pulsioni profonde, inquietudini, pseudorivolte, delusioni che hanno radici materiali e che sono destinate a perdurare.

La cosiddetta crisi pentastellata è comunque rivelatrice della condizione di ulteriore degrado del dominio di classe nel nostro paese. I Cinque stelle si sono sviluppati mediante un’infrastruttura digitale fornita da una società privata di marketing, la Casaleggio associati s.r.l., come tutte le imprese regolata dalla legge del profitto. Da questo punto di vista, hanno segnato una novità, con tutto il suo corredo di idiozie sulla presunta aurorale democraticità della rete, rispetto a modelli più datati di impresa politica come, per esempio, il partito di plastica di berlusconiana memoria. Con la crescita elettorale, il movimento si è perfettamente integrato nel mercato della politica. Anziché ribaltarne le logiche ne ha assorbito i rituali più sconci compresi quelli delle trasmigrazioni – il vecchio salto della quaglia – e delle scissioni. Comunque si consideri la questione, la fuoriuscita di un parlamentare dal gruppo di appartenenza non è solo un dato politico ma anche e soprattutto economico. Ha un prezzo, un costo e un ricavo, personale o di altro genere, che è determinato dal mercato nel quale la “merce” è rappresentata dal ceto politico. I Cinque stelle hanno dimostrato di non possedere vaccini contro questo sistema, anzi hanno contribuito a rafforzarne gli agenti infettivi e a renderlo ancora più flessibile e vorace.

In secondo luogo, la vicenda pentastellare segna il trionfo dell’antica tradizione italiana del trasformismo parlamentare, cioè della cronica incapacità della borghesia italiana di trovare un centro stabile e dignitoso di aggregazione e rappresentanza politica passando dall’eterna minorità di classe dominante a quella di classe dirigente. Ci sono tuttavia delle differenze capitali rispetto al passato. Destra e Sinistra storica ottocentesche possedevano un’identità e un codice comune che derivavano dall’esperienza risorgimentale. Per quanto forcaiola, gretta, rinunciataria e stracciona quella classe si assunse il compito dello sviluppo capitalistico e – dicono i più raffinati – del “nation building” italiano. Niente di tutto questo è rintracciabile oggi, in un paese allo sbando, di fatto dato in affido a un grand commis della finanza internazionale e dell’atlantismo. Leggiamo sul citato pamphlet del  2013 sul neodeputato Gigino: «[…] webmaster e laureando in Giurisprudenza. Giornalista pubblicista, scrive per alcune testate locali, ma nel giovane curriculum ha mille lavori, dallo steward allo stadio fino al ruolo di aiuto regista. Al Movimento Cinque Stelle Di Maio è arrivato dopo le esperienze nell’associazionismo studentesco […]». In quasi dieci anni, questo “cursus honorum” si è così ingrandito da entrare a malapena nelle stanze della Farnesina, ma ha conservato lo stesso andirivieni continuo: questa volta non da un lavoretto all’altro, ma da una posizione politica a quella esattamente contraria. C’è da chiedersi: sono questi i meccanismi attraverso i quali la borghesia di una delle massime potenze europee seleziona e forgia i propri dirigenti? Una bella concorrenza a X Factor!

Un'altra differenza rimarchevole è rappresentata dalla mancanza di quel conflitto sociale e di classe che ha impedito la costruzione di un’Italia peggiore di quella che è stata e che ha condotto nel secondo dopoguerra al compromesso sociale tra i partiti social-comunisti e quelli borghesi, tragicamente chiuso con la sconfitta operaia degli anni Ottanta. La mancanza di “moralità” nella lotta politica è anche il risultato dell’inaridirsi di quel gigantesco iceberg di coerenza “morale”, di serena forza, di speranza, di progettualità rappresentato dalla classe operaia. Si è sciolto come i ghiacciai dei nostri monti e sulle pietraie inaridite è diventato egemone il pensiero neoliberista: ognuno per sé contro tutti, nei chiusi recinti del narcisismo e della disperazione.

Un’ultima considerazione riguarda quella parte del “popolo di sinistra” che ha risposto attese nel voto o nell’attività dei Cinque stelle. Dopo un ciclo di frammentazione che dura da quarant’anni, quando giungerà il momento di far tesoro dell’esperienza e di concludere che non può esistere sinistra senza l’autonomia progettuale di una società anticapitalista e l’indipendenza organizzativa temprata dal radicamento tra i proletari, dalla capacità di elaborazione collettiva e dalla ripresa del conflitto sociale?

Pubblicazione non periodica a cura di ass. culturale Proposta Comunista - Maggiora (NO) - CF e PIVA 91017170035
Privacy policy

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy