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CHI VUOLE TAPPARE LA BOCCA A ERIC GOBETTI?

È previsto per domani 12 novembre, alla Casa della Resistenza di Verbania, un incontro con Eric Gobetti sul tema “Fascismo, guerra e foibe”. L’iniziativa è risultata sgradita alla destra e ai neofascisti che hanno subito dato la stura alla solita scomposta canea. Diciamo solita, perché qualcosa di analogo era già avvenuto nel febbraio 2020, quando Gobetti presentò alla Casa della Resistenza il suo lavoro sulla divisione partigiana Garibaldi del Montenegro, una pagina della Resistenza volutamente dimenticata e scritta col sangue di migliaia di italiani. In questi mesi, dopo la pubblicazione di E allora le foibe?, Gobetti è diventato bersaglio di una vera e propria escalation di attacchi da parte delle associazioni di ex profughi e dei rappresentanti istituzionali della destra, a cui ha fatto seguito la solita campagna d’odio, condita con insulti, minacce, compresa quella di morte, da parte della galassia nera neofascista e neonazista. Stranamente, in questo caso, non sono state così numerose le voci a difesa della libertà e della dignità personale che solitamente si levano contro gli haters. I nazifascisti mettono in pratica la tattica con la quale colpiscono da sempre le persone a loro sgradite: l’attacco personale, nel tentativo di isolarle e fare terra bruciata attorno a loro, fino al tentativo di distruggerne la credibilità sociale e professionale.

In realtà, il caso non è isolato, prima di tutto, perché ci troviamo ormai davanti a una evidente operazione di rilettura del passato e di grossolana falsificazione della storia in senso conservatore, autoritario e, a tratti, apertamente filofascista; in secondo luogo, perché questa strategia, che mira solo a tappare la bocca a chi la pensa diversamente, ha compiuto un deciso passo in avanti con la delibera della regione Friuli e con l’esclusione della casa editrice Kappa Vu di Udine, impegnata in una difficile e documentata ricerca sulla tragica storia del nostro confine orientale, dal Salone del libro di Torino. Infine, il tiro incrociato su Gobetti si propone di fare da deterrente, cioè di intimidire tutti quei ricercatori e quegli storici, e quegli editori, che volessero avventurarsi sulla strada complessa di una seria e problematica ricostruzione di un passato con cui il paese non ha mai fatto i conti. Il messaggio è chiaro: «Vedete cosa succede a Gobetti, a Kersevan, a Cernigoi e alla Kappa Vu? Se non vi adeguate alle falsità contenute nelle versioni ufficiali, domani potrebbe capitare a voi. E in dose rincarata.»

In questo modo, la destra, in tutte le sue sfumature, raccoglie i frutti perversi del disegno politico e ideologico che fu alla base della Giornata del ricordo. Si attuano così due paradossi: primo, i fascisti, da sempre negazionisti e revisionisti, possono svuotare di significato queste parole e ritorcerle contro gli antifascisti; secondo, la politica (e quale miserabile politica!) detta legge alla storia. Sia ben chiaro: qui non è in gioco l’opinione politica di uno storico. Come ogni cittadino, avrà il suo ideale e, come storico, userà onestamente gli strumenti dell’indagine storiografica. Quello che sta succedendo è ben altro. Siamo sul versante opposto di Voltaire. Qui non si risponde ai libri con i libri, unico metodo che la ragione e la democrazia riconoscono. Qui sono le istituzioni, esattamente come avveniva nel ventennio, che dettano l’interpretazione della storia. E questo – ben lo sapeva un altro Gobetti, Piero – è il grimaldello con cui si scardina il patrimonio ideale e la coscienza di un popolo.

Ma in definitiva chi sono i severi e specchiati censori di Eric Gobetti? Da quanto dicono i giornali, pare che l’operazione sia partita da Maurizio Marrone, componente della giunta regionale piemontese, che ha spinto l’amministrazione a ritirare non il “patrocinio”, come scrivono frettolosamente i cronisti, ma il “sostegno” all’iniziativa della Casa di Verbania da parte della Regione e del Comitato difesa Costituzione e Resistenza del consiglio regionale. Marrone è di Fardelli d’Italia. Stupisce, anche se non troppo, che il presidente Stefano Allasia, già promotore a suo tempo di una legge a tutela della piccola editoria locale (uno penserebbe implicitamente a un rafforzamento della libertà di espressione), si sia velocemente inchinato alle pressioni del suo assessore. Sul terreno verbanese, l’emulo di Marrone sarebbe Fabio Volpe Sciumè, presidente del Comitato 10 febbraio. Volpe è un collezionista di presidenze. Già presidente di Azione giovani-AN, consigliere comunale a e come tale sostenitore delle iniziative afferenti a Casapound e a Giovanni Battista Ceniti, già vicepresidente del club Forza Silvio, passa nel 2015 a coordinare i Giovani padani verbanesi e, nel mese di settembre dello stesso anno, è tra gli organizzatori, presso la biblioteca di Pallanza, della presentazione del libro di Alberto Alpozzi, Il faro di Mussolini. Inutile continuare: a buon lettore, poche parole.

Se questi sono i detrattori di Eric, tutta la nostra solidarietà va a lui.

Pubblicazione non periodica a cura di ass. culturale Proposta Comunista - Maggiora (NO) - CF e PIVA 91017170035
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