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CENTENARI PROIBITI: L’ABOLIZIONE DELLA TRATTA DEGLI SCHIAVI / Reprint

Il 9 giugno 1815 chiuse i battenti il Congresso di Vienna al quale, accanto a tante colpe, è riconosciuto il merito dell’abolizione della “tratta” degli schiavi. La fine della tratta, cioè del commercio degli schiavi, non fu la fine della schiavitù, ma rappresentò un importante passo in avanti in quella direzione. Se consideriamo che quella decisione fu caldeggiata da una simpatica congrega di forcaioli come il principe von Metternich, l’eminenza grigia dell’oppressione asburgica sull’Italia, il principe de Talleyrand, un vero maestro di opportunismo, il conte Nesselrode, rappresentante del più feroce regime di allora, l’autocrazia zarista, o il duca di Wellington, artefice di una delle prime grandi stragi di operai in lotta, il massacro di Peterloo del 1819, c’è da stupirsi. Tra balli e feste – qualcuno si lamentò che il congresso fosse “danzante” più che efficiente – i rappresentanti delle teste coronate di mezzo mondo presero quella deliberazione storica di umana civiltà.
Naturalmente, non è tutto oro quel che riluce e dietro ai principi proclamati ci sono sempre solidi interessi di bottega. Così, per esempio, gli inglesi pensavano in questo modo di colpire le colonie francesi, nelle quali Napoleone aveva ripristinato la schiavitù. La chiesa ne approfittava per accusare i popoli extraeuropei che praticavano la schiavitù di barbarie e di trarre vantaggio dall’opera “civilizzatrice” della rapina colonialista. Su tutti, primeggiava un interesse: il capitalismo industriale, nella sua fase ascendente, aveva bisogno di sostituire gli antichi schiavi della tratta con la moderna e più conveniente schiavitù del lavoro salariato.
Sono passati cento anni e nessuno ha ricordato, con la potenza pervasiva dei grandi eventi mediatici, quell’allegato agli atti del Congresso di Vienna che poneva fine al commercio degli esseri umani. Sarà perché la tratta degli schiavi è ritornata a dominare il nostro piccolo Mediterraneo ma anche le rotte oceaniche del mondo globalizzato e non sta bene parlarne in questi termini. Non ci sono più le orrende navi negriere che, per secoli, hanno solcato l’Atlantico deportando 11 milioni di uomini, donne e bambini. Ci sono navi, gommoni, aerei, auto, TIR che percorrono migliaia di chilometri. Con l’antica tratta hanno contribuito a realizzare le loro grandi fortune economiche di oggi inglesi, portoghesi, spagnoli, olandesi, francesi, danesi, svedesi e anche il Brandeburgo, cuore dell’attuale Germania. Oggi, a realizzare enormi guadagni, sono scafisti, avventurieri, organizzazioni criminali internazionali, fascisti islamici, bande del terrore, tirannelli che nascono dal disordine internazionale e sono il prodotto della putrefazione dei vecchi equilibri imperialisti.
Allora David Cameron peggio di Wellington, Valdimir Putin peggio di Nesselrode, François Hollande peggio di Talleyrand e Angela Merkel peggio di Metternich? Forse, ma quello che va colto è il cambio di direzione della storia. Cento anni fa, l’abolizione della tratta contribuiva a ridisegnare gli equilibri internazionali, con un’Europa che si candidava a dominare e rapinare il pianeta, a sviluppare il ruolo rivoluzionario delle borghesie nazionali e a sveltire i processi di industrializzazione e di aumento dei profitti. Oggi, si tratta invece soprattutto di rilanciare i meccanismi inceppati del profitto a partire dal livello elementare dello sfruttamento: quello del moderno schiavo globale che lavora in condizioni bestiali nei campi, nei cantieri, nei servizi, nelle fabbriche per un salario ai limiti della sopravvivenza, più o meno corrispondente al costo di mantenimento del vecchio schiavo, privo di diritti quindi non libero, a volte senza una identità giuridica quindi inesistente, messo ai margini della vita e terrorizzato da ondate xenofobe e squadracce neonaziste. C’è un’altra analogia col passato: l’abolizione della tratta di cento anni fa veniva dopo la sconfitta temporanea della rivoluzione francese. Oggi, il neoschiavismo si afferma a seguito di una sconfitta epocale del movimento operaio dopo un secolo di lotte. Tuttavia, ieri come oggi, l’evoluzione storica ha prodotto e produce i ribelli e gli antagonisti dei nuovi sistemi di oppressione. Sfruttatori dei moderni schiavi, sappiatelo.

31 agosto 2015

Pubblicazione non periodica a cura di ass. culturale Proposta Comunista - Maggiora (NO) - CF e PIVA 91017170035
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